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“In sintesi, – scrivono i giudici – avendo ritenuto che l’aliquota “secca” del 44% di cui al citato art. 54, trovi applicazione soltanto in caso di effettiva e definitiva cessazione dal servizio, i giudici della nomofilachia hanno ritenuto di poter utilizzare la medesima disposizione ai fini della valorizzazione dell’anzianità contributiva maturata alla data di entrata in vigore della riforma del 1995, nei sistemi pensionistici caratterizzata dal criterio “misto” di liquidazione. Nel solco tracciato dalla pronuncia in esame, l’art. 1, comma 12, della l. n. 335/1995, nel prevedere che “per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che, alla data del 31 dicembre 1995, possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo; b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.
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“In caso di ritenuta spettanza del beneficio di cui all’art. 54 al personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità – scrivono sempre i giudici – se la medesima aliquota del 44% sia applicabile anche per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.
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In altre parole, come avevano già affermato le Sezioni riunite della Corte dei Conti, chi è andato in pensione con il sistema misto, ha diritto al ricalcolo della pensione, anche se ha un’anzianità inferiore a 15 anni!
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12/02/2021