
La sentenza, di fatto, supera definitivamente il precedente orientamento secondo il quale per gli LSU impiegati nei vari enti della Regione Sicilia non potrebbe trovare applicazione la normativa di tutela contro gli abusi nei contratti a termine a nulla valendo il dato formale secondo il quale il contratto degli LSU sarebbe un mero sostegno al reddito e non costituirebbero, a causa delle loro specifiche modalità costitutive, ordinari vincoli lavorativi a tempo determinato.
Lsu – Sicilia, il precedente orientamento
Secondo i giudici i contratti degli LSU vengono stipulati in base alla potestà legislativa concorrente conferita alla Regione siciliana dall’art. 17 lettera f), dello statuto di autonomia, intervenuta in materia di legislazione sociale e rapporti di lavoro (leggi regionali n. 85/1995, artt. 11 e 12; n. 17/2004; n. 16/2006, art. 4; n. 24/2010, art. 7). Pertanto, tali contratti non rispondono a esigenze temporanee organizzative e produttive dell’impresa, ma a esigenze di natura politico-sociale, volte a superare il rapporto assistenziale costituito dal lavoro socialmente utile e a far acquisire professionalità e qualificazione al personale appartenente a tale categoria. Si sarebbe trattato dunque di contratti volti a contemperare sia le esigenze delle singole Amministrazioni pubbliche, che quelle di mantenimento di livelli occupazionali e di contenimento della spesa pubblica, con la finalità della stabilizzazione del personale precario proveniente dal regime transitorio dei lavoratori socialmente utili, stabilizzazione disciplinata dalla L.R. n. 16/2006.
Da ciò discendeva che l’eventuale violazione delle norme poste a tutela dei diritti dei lavoratori non avrebbe potuto determinare la trasformazione del rapporto in questione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Lsu – Sicilia, la decisione della Corte di Cassazione del 26 ottobre 2017
La Sezione Lavoro della Suprema Corte ha radicalmente soppiantato il precedente orientamento precisando che la Corte d’Appello di Palermo aveva erroneamente fatto discendere la non applicabilità della disciplina dell’accordo quadro ai contratti in questione, in ragione del mero dato formale, contratto di LSU e non a termine, senza un compiuto ed esteso vaglio dei rapporti di lavoro in questione sotto il profilo fattuale (identico a quello svolto dai lavoratori con contratti a termine) con riguardo non solo alle fonti, ma all’atto negoziale costitutivo e al concreto conformarsi degli stessi in ragione dell’attività prestata, senza effettuare quindi, correttamente il processo di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta, disciplinata dal legislatore, al fine di ravvisare le condizioni di esclusione dell’applicabilità dell’accordo quadro, dando così luogo ai vizi prospettati dal ricorrente.
La Cassazione ha così accolto la richiesta del lavoratore aprendo la strada alla stabilizzazione di tutti coloro che:
– hanno maturato, negli ultimi 8 anni, almeno 36 mesi di servizio (anche non continuativi) presso una P.A., anche se non è la stessa che li potrà stabilizzare;
– hanno superato un concorso pubblico;
– sono in servizio dal 2015.
In alternativa, coloro che non hanno superato un concorso pubblico potranno solo richiedere il risarcimento dei danni patiti che può essere quantificabile in 36 mesi di stipendio spettante ad un lavoratore che svolge quella determinata mansione, oltre interessi e rivalutazioni monetarie.
Il risarcimento spettante ad ogni lavoratore potrebbe aggirarsi sui 40.000/50.000 euro.
Per maggiori info, scrivi a [email protected]
11/04/2022